venerdì 31 maggio 2013

Articolo "Il Sole 24 Ore"

Intervista apparsa su "Il Sole 24 Ore", domenica 29 Gennaio 2012.

Sulle orme di Twilight Mantova disegna il suo “sgagnatore”
Parla dialetto e beve lambrusco: è un cult in rete

Tutto nasce da uno scambio di battute su Facebook. Chiara Negrini, trentasettenne mantovana che di mestiere fa l’illustratrice, legge un post dell’editore per cui collabora in cui si annuncia il progetto di un’antologia tutta al femminile dedicata ai vampiri.
“Ancora vampiri?” commenta lei sul social network, e poi:“Li abbiamo visti in tutte le salse, ne manca solo uno che vive nella Bassa Mantovana, parla dialetto, beve lambrusco e viene morso sul culo da un cane vampiro mentre va alla melonaia”.
Detto, fatto. Nel giro di pochi giorni “Al vampir d’la Basa” diventa un racconto. Meglio, il racconto che ha fatto della raccolta “I vampiri non esistono” (diciannove racconti firmati da altrettante autrici e curati da Francesca Angelinelli, Edizioni Domino) un piccolo cult in rete.

Complice la lingua, robusta e ruspante del dialetto viadanese (Viadana è il comune del manotovano dove si svolge la vicenda), la storia stravolge i cliché dei belli e dannati che tanta fama hanno dato ultimamente al genere: Pedar, agricoltore sessantenne spostato con “la Maura”, diventa vampiro dopo essere stato morso da un “brot can sald” (un brutto cane giallo, come si legge nella traduzione che non manca). Uno “yorsiaild”, sentenzia la moglie che, preoccupata nel vedere che il suo uomo rifiuta il lambrusco e il minestrone perché sa di aglio, chiama “la curnacia”, una Vanna Marchi locale.
La storia corre fra assalti e assaggi notturni che finiscono a sberloni e a badilate, fino a quando il misterioso “sgagnatore seriale” non affonda i denti nelle galline.
Parte allora un’esilarante caccia alla “Si.es.ai.”, che porta dritto al Boscone, la casa dietro all’Oglio, dove si sono trasferiti due giovani americani, “con quella bella faccia bianca di quelli che non hanno mai lavorato nella loro vita”.

«Ho semplicemente pensato a come la mia gente, forte, diretta, per niente romantica, potrebbe reagire a una presenza del genere: è divertente perché nella realtà sarebbe divertente» dice l’autrice, che aggiunge: «Mi sono ispirata a personaggi e luoghi veri, Pedar, per esempio, è Tonino, il gestore del bar dell'Acli di Sabbioni che è anche il cugino di mio padre».
Una freschezza che conquista: «Sono cresciuta a pane, salame, Peppone e Don Camillo. Un mondo fatto di piccole e semplici cose che non è cambiato dai tempi di Guareschi».

Satira, parodia, maschera di un mondo contadino che resiste di fronte alla globalizzazione culturale oltre che economica?
«Mi piace far ridere e il dialetto fa parte di me come la mia terra cui sono legatissima. Questo non significa essere chiusi, anzi sono un’esterofila convinta, amo viaggiare, pratico il buddismo e il diverso mi attrae, ma dentro rimango una dalla Bassa, schietta e diretta, dove per dirla alla Guareschi la gente bestemmia e non battezza i figli non per negare Dio, ma per fargli un dispetto».

In un mondo così, anche i vampiri non possono che uscire dagli schemi:
«In realtà, fuori dagli schemi i vampiri sono andati quando hanno cominciato a non fare più paura, a non aggredire e dilaniare innocenti ragazze, ma a fargli battere il cuore e trasformarsi nel ragazzo ideale».

E allora, “Se in America i vampiri brillano al sole, a Mantova vanno sul trattore e bevono vino rosso”.

(alessandra bonetti)


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